Fated. Fatal. Faithful.

Benjamin (was, is, will)

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    Benjamin - z3r0mbie



    WHERE: Dublin Checkpoint WHEN: few minutes later - WHEATHER: warm- TEMPERATURE: 23°



    PROLOGUE





    La pioggerellina fine che cadeva sul pick-up, sembrava sancire la tristezza di quel momento. Fatto di arrivederci che non dovevano esserci, di addii forse, e di cose non dette. Come tutta la storia di Fort Benning.

    Isabel saluta Ben con una frase, che lo lascia quasi inebetito. Sopraffatto dai ricordi e dal dispiacere di non averle raccontato tutto. In particolare quello. Tutte le torture fisiche, ma sopratutto psicologiche, che il caro Papà gli aveva inflitto in quei giorni lunghissimi. Gli stessi, in cui lei maturava l'idea di partire per trovarlo. Inseguirlo a qualunque costo, pur di trovarlo e non lasciarlo mai più.

    Ben e Cat condividevano quel segreto. Solo loro sapevano che era stato David a liberarla. E che lei gli aveva imposto di lasciar libero anche Ben. Che lei non se ne sarebbe mai andata senza di lui e che l'accordo era semplice: sarebbero fuggiti insieme e se nel caos David fosse riuscito a mettere Ben nel mirino, avrebbe deciso se ucciderlo o meno.

    Una possibilità che nessuno di loro ha mai saputo esserci stata o meno. E' il momento di scoprirlo. Di chiudere i conti. Di chiudere col passato, con gli errori e, magari, essere perdonato. David è un capitolo importante della vita di Ben e della sua evoluzione in Cathal - inquinato pur sempre dalle viscere nere della puttana -, e deve potergli dire tutto.
    Fatal.

    Se non a Isabel, almeno a lui. Da lì in poi, verranno dette molte cose finora taciute. Si tirerà una linea. Una riga su tutto. Passato, presente, futuro.
    Destino o no, sta a loro disegnare quel quadro, colorare quel dipinto e dargli la sfumatura finale che si confà a tutta quella tragedia. David saprà del percorso, delle bugie, delle verità. Tutto.
    Fated.

    Ben ci crede. Ci spera. Sente che, comunque vada, è giusto così. Che sarà David a riferire a lei tutto quello che le è stato nascosto. E che non importa se Ben è prezioso per Harris o meno, quello che conta è la testimonianza. Il ricordo, il significato. Essere fedeli a un'idea giusta, come a una persona buona, vale molto di più di una ragione valida per uccidere una donna e aspettarsi il perdono. Ben spera solo di avere il tempo per correggere tutti gli errori commessi. Di mostrarsi fedele a una nuova causa: quella della Vita, e non più della morte.
    Faithful








    Benjamin Schenkkan Ben
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    ↘ Amore, l'unica cosa in cui io abbia mai creduto





    L'umidità esterna era come un manto afoso che si appiccicava a mò di sudario. Grave, fastidioso, soffocante. Avevo sentito l'aria come risucchiata via, quando, sulla portiera, mi aveva detto di..
    Salutare Dylan
    ..quando l'avrei visto.

    Tutto il peso di quella mancanza mi era arrivato in un colpo solo. Avevo avuto mille occasioni per parlare di quel passato. Di quei giorni. Assieme all'unica testimone che stava morendo su di un tavolo, a miglia e miglia di distanza, avevamo avuto altrettante occasioni di raccontare quell'evento. Quell'ennesimo disastro che ci eravamo lasciati alle spalle.

    Cat non voleva di certo affrontare quell'argomento. La donna che mi aveva sempre supportato, spalleggiato e creduto in me nonostante i ripetuti tradimenti e la mia testarda pazzia omicida, riteneva di sicuro un capitolo da rimuovere. Cancellare. Dimenticare. Io mi ci ero adagiato sopra e, come sempre, l'avevo ritenuto inutile ai fini logistici del nostro "andare avanti". Appunto.

    Andare avanti. E' mai possibile farlo veramente, se ci portiamo dentro fardelli del genere? Misteri. Bugie. Avevo capito che no, non era possibile. Giorni e giorni di torture, dolore, fame, fatica e sopratutto perdita, mi avevano duramente insegnato che NO, non era possibile. La domanda che mi ero fatto un secondo dopo che ero sceso da quel mezzo fu:
    E' troppo tardi per scusarsi?

    Con David. Con Isabel e tutta la gente di Malone, se mai fossi sopravvissuto a quell'incontro?

    Lo avrei scoperto entro molto poco.

    La guardia mi scortò via dal pick-up come fossi un condannato al patibolo, il quale aveva rinunciato a ogni minimo tentativo di ribellione. Spalle curve e ossute rivolte nella direzione in cui avrei rivisto il mio ex-carceriere, mentre il motore si avviava alle mie spalle.
    Isabel avrebbe svoltato il mezzo, raggiunto Malone entro poco tempo, incontrato Harris e gli altri, e tutto sarebbe finito lì.

    Sarebbe finito lì, in un attimo, come se non fosse passato che un giorno, un'ora, un minuto, dall'ultima volta in cui si erano visti. Perchè lei era buona, pura, dall'animo candido come la sua pelle. Lei non aveva alcuna ombra su di sè. Niente l'aveva corrotta, resa un mostro come il sottoscritto. Niente l'aveva scalfita, neppure il perdere un braccio in un modo orribile, assieme al suo dono più prezioso: suonare la chitarra.

    Isabel sarebbe arrivata e tutto si sarebbe concluso con un lungo, caldo abbraccio. La sua leggiadrìa l'avrebbe portata di fronte al pubblico di un tempo e, come immaginavo già da un pò, sarebbe tornata a cantare di nuovo. Splendida, coraggiosa, senza più alcun freno e remora.
    Lei non aveva scheletri nell'armadio, o una cappa di viscido nerume sulle sue spalle: dritte e fiere.

    Io ero curvo, dimesso, ma con una nuova luce negli occhi. L'avrebbe vista David? Gli sarebbe importato? Avrebbe preferito vendere il piccolo pezzo di anima che gli era rimasto, pur di uccidermi una volta per tutte. Finirmi e finire la tragedia che era cominciata col primo giorno in cui mi aveva posato gli occhi addosso. E tutto era iniziato con una fottuta bugia.

    ***


    "Mettete giù le armi e alzate le mani in alto. In alto, ben in vista.. Non provate a fare scherzi, o giuro che sparo."
    ci disse, puntandoci il fucile addosso..
    "Come avete trovato questo posto? E' casa nostra questa, non dovevate entrare"
    ..continuò
    "Vi do cinque minuti. Raccogliete quello che dovete e andatevene"
    ..se avessimo fatto a quel modo.. se solo avessimo fatto a quel modo..
    David.. so che non vuoi ucciderci. So che sei un bravuomo, si vede dalla tua famiglia, da come vi amate. Tu non vuoi farti vedere come non sei.. Ti concedo le nostre armi, le nostre cose, tutto ciò di cui tu hai bisogno, ma ti prego.. non mandarci di nuovo là fuori..
    e così misi una mano sul Pancione di Isabel. Che non esisteva..
    "Non... Non lasciamo morire le persone, anche se l'epidemia ce le porta via. Sta calando la notte, se ci consegnate momentaneamente tutte le vostre armi possiamo ospitarvi. Solo per questa notte."
    Consegnammo le armi.
    Fu la notte più lunga della nostra vita.

    ***



    La strada era sgombra di vaganti, rottami e sporcizia. Il mio cervello prese a elaborare i dati, come al solito, usando quel momento di vuoto situazionale e mi raccontò una storia. Quella del loro esercito organizzato a dovere, in collaborazione con la gente di Petersburg e nientepopodimeno anche con Jacob Harris. Che David sapesse chi era quell'uomo? Si, probabilmente si.

    David era sempre stato un esempio per me. Sin dal primo secondo in cui i nostri occhi si erano incrociati. Alto, dall'aspetto un pò sociopatico ma perfettamente conscio di cosa stesse facendo e come lo facesse. Determinato a salvare la sua famiglia. A proteggerla. Con coraggio, senza indugi. Un meticoloso professore - lo avrei scoperto in seguito - dall'animo guerriero, che un giorno, persa la sua famiglia, si sarebbe trovato a guidare un piccolo esercito. Come erano andate le cose a Fort Benning?

    ***


    "Quello che hai fatto non è giusto.. Ma mentire è stato l'unico modo di fare leva sui loro sentimenti in modo concreto.. Ormai ci siamo dentro, Benjamin. Non possiamo tirarci indietro, ci prenderebbero per due ragazzini bugiardi pronti a nascondere loro chissà cosa visto che avevamo un fucile e una pistola con noi

    Ci inventeremo qualcosa. Siamo sempre stati bravi fino ad ora, ce la caveremo anche questa volta"

    ***



    Le parole di Isabel mi tornarono in mente. Si, forse Isabel, per un momento, non è stata l'angelo perfetto caduto dal cielo, ma la colpa era sempre stata mia. Io l'avevo corrotta, seppur per poco. Non era stata mai una sua decisione, quella di far male agli altri. Era giusto quindi che parlassi io con David e mi assumessi tutte le responsabilità. Che mi punisse, alla fine, ma almeno sarei morto con l'immagine di Isabel che varcava le porte di Malone e veniva accolta come si meritava.
    Finalmente in pace.

    Dublin, recitava il cartello all'incrocio.
    Curioso. pensò il mio alter ego, CATHAL.

    Superati vari controlli, mi ero accorto inconsciamente dell'ottimo lavoro di quegli uomini. Addestrati si, ma anche "evoluti", a seconda dei tempi e del nemico. Una consapevolezza mi colpì, e fu più una intuizione, che una certezza: c'erano trappole "specifiche". Segni criptati - ma non indecifrabili per un cervello come il mio - atti a ingannare un "certo tipo di nemico".
    Non vaganti.
    Non uomini malvagi.
    Ma VAGANTI MALVAGI.

    Loro conoscevano i Beholders.

    Di là. Ora procedi da solo. mi disse la guardia, indicando un edificio spoglio e logoro, dalle forme quadrate e poco appariscente. Intuii che doveva trattarsi di una ex palazzina della forestale, o una rimessa mezzi di chi manuteneva le zone boschive attorno a quella Dublin.

    Il fatto che mi lasciasse muovere da solo, trasmetteva un certo senso di incertezza - e terrore - ma anche altro. Non sapevano con chi avevano a che fare quindi? Non avevano paura di CATHAL, quindi? Probabilmente si. David si ricordava di me, come di un ragazzo impaurito, sciocco e sopratutto.. VIGLIACCO.

    Mi fermai a quel pensiero. Ero una persona diversa, totalmente diversa e forse valeva qualcosa. Forse David l'avrebbe visto nei miei occhi e forse avrebbe capito i miei errori e i suoi. O quello che stava per fare. Non che non mi meritassi di essere ucciso lì, a sangue freddo, a pochi chilometri da una villetta bianca con veranda, dove, magari, Isabel stava già pensando di stabilirsi di nuovo.
    Di chiudere quel cerchio.

    Feci il primo passo nell'edificio e risuonò. Sgombro di ogni inutile oggetto, l'eco del mio scarpone vagò per ogni stanza. Le scale in cemento non avevano corrimano ed era tutto piuttosto pulito, nei limiti del possibile. Ordinato, avrei detto. L'odore di umido permeava i muri e l'aria, ma era il silenzio a farla da padrone. Un silenzio assordante.

    Tomp.
    Tomp.
    Tomp.

    I miei passi enumeravano gli scalini, mentre la luce variava a seconda delle aperture che superavo o raggiungevo. Un chiaro scuro che mi ricordava un sacco di cose. Di storie passate. Di possibilità perdute.

    Tomp.
    Tomp.
    Tomp.

    Ed infine il pianerottolo finale. Nessuno fino a quel momento, poi tre persone. Tutte vestite di militare.
    Due ai lati della stanza, una di spalle. Riconobbi la sagoma di David all'istante. La kefiah verde al collo poteva ingannare un pò, ma non me. La forma della sua testa, le stecche degli occhiali. Le spalle quadrate.
    Poi misi a fuoco anche l'altro.

    Due passi ed ero dentro.


    Chavez L'uomo ispanico aveva lo sguardo di un assassino, ma gli occhi pacati, controllati. Fermo e conscio di ogni sua possibilità. Lo riconobbi quasi istantaneamente, e anche lui si ricordò di me.

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    Pole l'altro invece era uno sconosciuto: bianco, alto quasi due metri e con l'aria di chi sta aspettando il suo turno al chiringuito su una spiaggia di Miami.

    Chavez mi squadrò da capo a piedi, poi scosse la testa con aria sorpresa.
    Così sei tu che hai distrutto i nostri elicotteri, eh? rivolse uno sguardo a Pole, il quale si limitò a fare spallucce e ad aspettare il suo Margarita. Chissà che storie sapeva su di me, eppure se ne fregò altamente. Era un segno buono, o solo la pragmaticità di un soldato che sapeva fare solo il suo mestiere e si limitava a quello. Senza farsi opinioni. Lo avrei invidiato tantissimo.

    E ho fatto molto altro.. pensò Cathal, mentre qualcosa si agitò nel mio basso ventre. Ero convinto che non si trattasse della Puttana, e non volevo averne nemmeno la parvenza, nemmeno per un attimo in quel momento così fatidico. Però qualcosa sentii premere. Come la sensazione di volersi tuffare, quando vedi una piscina cristallina, o una scogliera a picco sul mare.
    L'attrazione per il vuoto. Per il pericolo.

    Lo stallo durò qualche decina di secondi, poi David fece un sospirone e incrociò le braccia. Un gesto che bastò ai due per capire che potevano andarsene. Chavez fece un gesto a Pole, e questo annuì. David era il capo, Chavez il secondo, Pole uno degli ufficiali.
    Ding. disse David, regalandomi un crampo al petto per aver risentito la sua voce, dopo così tanto tempo e vicissitudini, ricordandomi il "nick" del soldato Chavez.
    Signore? disse questultimo, facendomi quasi sussultare, per via del RISPETTO che denotava la sua voce nel pronunciare quella parola. Sin dalla prima volta che avevo visto David, avevo capito che era un uomo che trasudava Merito da ogni suo poro. Averne la conferma, era come un'ennesima staffilata al mio EGO, incapace di farsi apprezzare fino a poco tempo fa.

    Non ci sono per nessuno fino a nuovo ordine.
    Ricevuto.

    Ding uscì dalla stanza seguito da Pole, con me che guardavo le loro spalle. Ero praticamente un patetico NULLA per loro. Non rappresentavo una minaccia, bensì una delusione vivente.

    Ding era il nome con cui conoscevo Chavez. Ed era un uomo fra i più fedeli a Crook.

    Che cosa aveva fatto David?
    Cosa era successo, dopo la nostra fuga?
    Chi era quell'uomo di spalle?
    Come potevo dimostrarmi degno di stargli di fronte?

    David. dissi con un tono di voce così basso, da rendermi quasi ridicolo.

    Taci. Benjamin. disse perentorio, facendo scivolare la sua mano su qualcosa di fronte a lui.

    Ora taci e basta. disse voltandosi.

    I suoi occhi colmi di rabbia.

    Le sue mani strette attorno a un'accetta.

    Era davvero tardi per scusarsi.


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    Edited by Z3R0mbie - 6/2/2023, 12:14
     
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    Ora taci e basta.

    Le sue parole rimbombavano in testa come martello su di un incudine. Stampate a caldo come il colpo su di un metallo rovente. Caldo e dolente allo stesso tempo, dipanandosi in ogni fibra dell'elemento. Nel mio caso, il cuore. L'animo.

    In mano un accetta. Nera, hi-tech, di quelle da escursionismo professionale. Un'accetta survival dalla lama nera e tipicamente militaresca. Sul petto la custodia legata come una fondina di pistola: non l'avevo notata e non avevo "collegato" i due fattori. Quando aveva unito le braccia sul petto l'aveva estratta. Plateale, efficace a livello di intimidazione.

    Mi ritrovai a fissarla come un'ancora di salvezza. Uno strumento familiare, anzi, fraterno, simbolo di tutti i miei errori. Sin dal principio. La lama oscura come una provetta Stormbringer, il cui nome evocativo era ben familiare a Cathal - il vero, Cathal - e quindi indirettamente mio al cento per cento. Tutto quello, pur di evitare il suo sguardo.

    Durante la permanenza a Fort Benning non ero mai riuscito a farlo. Neanche per un secondo. Afflitto da enormi sensi di colpa e una forma letale di cinica autodistruttività. Lì, era per il motivo opposto: avevo voglia di vivere, per la prima volta di fronte ai suoi occhi e non volevo morire. Non che ne avessi paura, ma non volevo. Volevo Isabel, il futuro con lei. Un figlio.

    salutami Dylan..

    le parole di Isabel mi aiutarono a rimanere in silenzio. Il sentimento di colpa era pesante come l'incudine di prima. Un fardello di cose non dette, che giunte al capitolo finale, piombavano fragorosamente e impietosamente su di me tagliandomi il respiro. David mi fissava. Statuario, gelido, scuro. Le spalle larghe e quadrate, erano come un trono d'ossa. Fatto di morti e cadaveri rinsecchiti, messi a monito per i posteri e gli audaci usurpatori. Mi fissava da dietro gli occhiali - sempre i soliti - in attesa di chissà cosa.
    Di chissà quale stimolo per finirmi.

    Calò l'ascia e prese ad aggirare il tavolo di fronte a lui. Un rustico tavolaccio, la cui parte superiore sembrava consunta dall'utilizzo continuo in quei mesi, dando un senso di improvvisato ringiovanimento per la lucidità opposta al resto. Il suono dei passi, cupo ma appena percettibile, preannunciava il suo arrivo di fronte a me: mentre io avrei atteso alla finestra, teatrale, sotto forma di spauracchio e minacce sussurrate, lui si era già piazzato di fronte a me. Nessuna paura della mia puttana nera - che se ne stava zitta e buona - o di un nerd di nome Cathal - che suggeriva la fottuta ritirata immediata -, stoico e terribile.

    Sai ovviamente degli accordi con Catlyn.
    Annuii, più con lo sguardo e il mio silenzio, visto che non era una vera domanda. Non aveva bisogno di farmele.
    Ti ho visto nella fuga.
    Disse, strappandomi un moto di sorpresa, perplimendomi. L'accordo era che Cat avrebbe tentato di portarmi con sè nella fuga, se poi fossi morto, o se David mi avesse potuto inquadrare nel suo mirino, non ci sarebbero state garanzie di pietà da parte sua. Lui mi aveva inquadrato quindi... e allora?
    Eri distante. Ho preso un fucile e lo alzato contro di te. In quei giorni non sapevo sparare, ma era un tiro facile e, dicono i ragazzi, sono "portato" per le armi. Io, che non ne avevo toccata una prima dell'apocalisse.
    istintivamente, mi venne da pensare una cosa. E David parve leggermi nel pensiero.
    Tu sei stata la seconda persona a cui ho puntato il fucile. Se solo avessi saputo, saresti stata la prima persona che avrei ucciso.

    Un paradosso bello e buono. Uno scherzo del destino.
    Fated.
    A pensarci bene, ci sarebbe stato da ridere. A crepapelle, come il Joker sulla scalinata, fra il faceto e il serio. Rabbioso, come quello dell'attore morte troppo giovane, finendo la scena a colpi d'ascia e un tripudio di sangue e budella. Niente di nuovo per me, ma niente di eclatante per David. Lo sfogo finale. La Purge di un infido come me.

    Ma non ero più lo stesso di un tempo, se mai avesse voluto dire qualcosa per David e i nostri trascorsi. Come fargli capire che una persona mi aspettava e che il circolo non si sarebbe chiuso con la mia morte? Cosa offrirgli, per fargli cambiare idea, o fargli capire che non sarebbe servito a far tornare sua moglie e Dylan dal regno dei morti? Avevo delle carte da giocare? Ma sopratutto, avevo la seria intenzione di farlo, oppure il verme dell'autodistruzione era ancora lì, penetrato a fondo nel mio cervello, che chiedeva la fine a squarciagola?

    David alzò leggermente l'accetta sul fianco, come preludio a un colpo di lato, caricato con la stessa torsione del busto. Potente a sufficienza, ne ero certo, da staccarmi un arto al primo colpo. La testa? No, troppo veloce, se cercava la vendetta. La Vendetta con la V maiuscola.
    Ho alzato e ho mirato, ma non ho premuto. Ora rispondimi. Perchè?

    Troppo facile. Era più difficile capire il motivo logico e razionale del perchè, quanto della vera motivazione. La risposta era facile, semplice, rapida. Eppure, secondo me e la logica di Benjamin, fottutamente sbagliata. Anche solo dirla, mi costava parecchio. Dirla, mi pareva una presa per il culo anche per uno come David. Anzi, particolarmente per lui. Perchè? Perchè era la risposta di un contadino, e un contadino non avrebbe fatto le cazzate, che uno che si spacciava per GENIO come me aveva fatto per tutto quel tempo.

    Perchè eri migliore di me.

    Dire che lo avessi fatto apposta era vero. E falso. Qualcuno dentro di me era abbastanza infido e autoconservatorio da scegliere le parole giuste al momento giusto, ma non ero io quello che cercava l'inganno. L'escamotage linguistico, adatto a un insegnante, era uscito così. Ma aveva colpito nel segno. David si inalberò, ma qualcosa del suo piano cambiò. L'accetta perse l'inezia in corso e David la volontà di agire per quello scopo.

    Eri...? ERI...? COSA CAZZO VUOL DIRE, ERI?!

    David, inalberato, mi faceva paura. Era enorme, una montagna carica di sassi e ghiaccio pronti a travolgermi con tutta la sua devastante forza. Paura, che con un solo urlo mi disintegrasse, mi togliesse l'aria dai polmoni e me li facesse espodere, insomma qualcosa di atavico e inarrestabile. Non avevo più forza di volontà, quindi chinai il capo e mi limitai ad assecondarlo, mentre una vocina malefica mi suggeriva di afferrare l'ascia, vista l'occasione che forse non si sarebbe più presentata..

    COSA SARESTI?! UN MARTIRE? HAI INTRAPRESO UN CAMMINO DI REDENZIONE IN QUESTI MESI?!

    Anche io mi sarei visto arrogante e ipocrita. Un politicante falso e venduto, pronto a dare via il culo pur di poterlo tenere inchiodato sulla sua poltrona. Eppure ero sincero. ERO diverso. Non certamente un santone, ma non ero più quello. Per tanti motivi. Uno fra tutti, il fatto di non provare gioia per la parola azzeccata e il minuto di vita guadagnata con "l'inganno", bensì tristezza.
    Ero consapevole di ciò che voleva dire e di come lo stava tormentando ingiustamente.

    Sono il killer di tua moglie, ma tu ancora non sai perchè. E ora vuoi saperlo. dissi freddamente, ma con una punta di amara tristezza. Le lacrime erano un lusso da un tempo immemore, ed erano riservate unicamente per Isabel, quindi non le avrei forzate di certo. Anzi, ero pronto a trattenerle a ogni costo.
    Faithful

    Sei scaltro. Lo sei sempre stato. Appari come un cazzone segaligno, emaciato e quasi incapace di colpire qualcuno.. eppure..Siamo a due motivi, mi staresti dicendo?
    scossi appena la testa, cercando di non apparire come diceva lui. Volevo apparire COME LUI, invece. Era un modo per dimostrarmi e credermi finalmente un vero uomo. Umano, forte, coraggioso.
    No, il motivo è sempre uno. Perchè sei migliore di me per tanti motivi, ma io non sono più quello. E prima che tu mi uccida, voglio raccontarti cosa è successo a tua moglie. E di come le cose siano precipitate così in fretta, da non aver avuto modo di spiegare tutto a tutti. Persino in questo momento, Isabel non sa che Dylan è morto.

    la furia cresceva negli occhi dell'uomo che avevo davanti a ritmo esponenziale. Ogni parola che aggiungevo sembrava benzina sul fuoco, o un dito in una ferita aperta. Avevo la sua attenzione totale, e, in fondo, ero riuscito nel mio scopo di redenzione personale.

    Però lascia che te lo dica in fretta, perchè se mi ucciderai o meno, ho già perso troppo tempo. Cat mi sta aspettando su di un tavolaccio in un luogo disperso e le ho promesso che avremmo trovato soccorsi. Che l'avremmo salvata.
    E David lo aveva fatto a sua volta, in un'altra occasione.

    Devo tutto a Catlyn, compresa la mia vita. Se mi ucciderai, sarà servito sempre a qualcosa e ne sarò onorato, perchè so che tu correrai da lei coi tuoi uomini. C'è un grave pericolo qua attorno e credo che sia sulle nostre tracce e quindi a poche ore da lei e il suo uomo..

    e le minacce non sono solo i Beholders.. pensai, immaginando il momento in cui avrei aggiunto - se vivo - anche questo al mio resoconto a Harris.

    David. Tua moglie era stata morsa.

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    Edited by Z3R0mbie - 6/2/2023, 12:19
     
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    David. Tua moglie era stata morsa.

    Lo ripetei. Non che ce ne fosse stato bisogno, David era un uomo estremamente intelligente, sagace e lucido. Persino in un momento come quello. Lo ripetei a me stesso, cercando di dirlo come ANDAVA DETTO. Non quasi bisbigliato, come in realtà avevo fatto poco prima. Mi era mancata l'aria, il coraggio, la forza interiore per esprimere al meglio il concetto. Difatti, David non lo aveva assimilato del tutto.

    Non lo vedevo, ma ero sicuro di sentire la presa attorno al pugnale stringersi. Fino a sbiancare le nocche e far arrossire le falangi. Le vene del collo erano chiaramente tese fino allo spasmo ed ero sicuro che i denti stavano gridando pietà, per quanto serrata era la mandibola. Scricchiolavano forse, ma il respiro quasi "taurino" di David annichiliva quel suono. Il professore era incombente e terrificante, dilaniato da una lotta interna.

    Se avesse prevalso la furia, il braccio all'altezza dell'addome vi si sarebbe conficcato dentro senza alcuna remora. Senza alcun ostacolo. Facendosi strada attraverso la mia sottile pelle diafana, fino a un organo vitale che lui sapeva bene dove trovarsi. Una ferita mortale, dolorosissima e, sopratutto lenta. Confidenziale, avrei detto.
    Conoscevo anche io l'argomento, trovandolo "equo". Meritato, proprio come se l'era meritato colui che aveva subito quel trattamento da parte mia. Altrimenti, sarei stato drammaticamente ipocrita.

    Avesse prevalso la ragione, forse sarebbe semplicemente volato al mento, con un colpo "a gancio" verso l'alto, spezzandomi ogni capacità di cognizione per qualche secondo, e forse qualche dente, ma in sostanza risparmiandomi. Avrebbe così sentito il resto della storia che avevo da raccontargli. Avrebbe scoperto chi ero, in quel momento preciso della mia vita, dandomi la possibilità di viverla appieno.
    Di poterlo emulare, finalmente.

    Passarono secondi lunghissimi. Un'eternità. Il braccio di David vibrava. La sua testa, vibrava. I suoi occhi scandagliavano i miei e saltavano dall'uno all'altro alternativamente, con uno scatto quasi regolare. Terrificante. Raccapricciante. Potevo percepire tutto l'odio, tutta la sua rabbia, che bollivano nel petto come una pentola a pressione sul punto di esplodere. Anche il petto prese ad alzarsi ed abbassarci violentemente: conoscevo quel momento come un preludio. L'attimo in cui si carica l'urlo di guerra, o si scatta verso l'alto e contro il nemico con la furia necessaria a soverchiarlo. Lui non avrebbe avuto problemi a farlo e lo sapeva. Ero fisicamente la metà.
    Prono e arreso.
    Doveva solo decidere.

    Il petto si calmò. Il pugnale da combattimento fu sollevato fino alla mia faccia. Lentamente. Come sempre, mi sorprese. Facendo tutt'altre cose di quelle che avrei fatto. Che avrei previsto. David era anni luce avanti a ogni mia possibile elucubrazione e se lo avessi avuto VERAMENTE contro, come gli altri nemici che fino a quel momento avevo affrontato, allora sarei stato morto da un pezzo.

    La lama vibrava nell'aria. La presa si era fatta un pò meno violenta, ma non per quello meno salda. Mi scandagliava. Mi scrutava a fondo. Nell'anima. E non c'era bisogno di un genio, per vedere tutto il nero e il marcio che c'era. Era evidente che fossi disturbato di mente, pericoloso e carico di un milione di sbagli. Ma quello lo aiutò a capire. A CAPIRMI. A scoprire quanto fossi, SEMPLICEMENTE, un nulla cosmico.
    Avevo dipinto una tela di imbrogli e false apparenze, attraverso gesta epiche, frasi da B-movie e quantaltro fosse stato necessario, solo per rendermi VISIBILE. Per atterrire il nemico solo con una leggenda urbana. Un falso mito.

    Lo aveva capito. Mi lasciò andare, allontanandosi un pochettino. Storse la testa, forse domandandosi "Perchè?". Ma chi cazzo è questo sfigato? Ma merita VERAMENTE tutta la mia attenzione? Questo... COSO.. si è meritato tutto questo tempo ed energie da parte mia?

    Annuii con la testa. Non potevo sapere se lo stava pensando veramente, quindi mi limitai a confermare le mie parole, non le sue, con quel gesto.
    Le dicemmo di dirvelo, ma lei sapeva che avresti dato di matto. Avresti cominciato a.. correre.. in qualche direzione, pur di non fare ciò che, poi, ho fatto io. Si sentiva in colpa, tremendamente. E non sai quanto la capisca. Prima e adesso ancor di più..

    Chinai il capo, mentre David si allontanava da me. Sapevo che mi stava ascoltando. Che era il momento giusto di parlare e ne approfittai. Rimanendo sul posto, alzai di nuovo lo sguardo su di lui. Nei suoi occhi. Avevo bisogno di quel confronto, che avevo sempre schivato a Fort Benning. Mi assumevo le mie responsabilità. Ed ecco a voi, il NUEVO BENJTO.

    Tu ci avresti cacciato, lei aveva bisogno di una buona uscita. Io di una.. redenzione. E la storia, posso assicurartelo, non ha mai smesso di mettermi di fronte a questo dilemma. Una sorta di punizione continua. Costante. Un reminder della mia incapacità. E anche quella volta, con tua moglie, pensai di fare una cosa giusta. Fatta bene.. ma ero solo un'idiota con un'accetta in mano. E ho colpito quel braccio.

    David arretrò. Era sbiancato e stava barcollando. Incredibilmente, lo stavo pugnalando io a forza di colpi di verità. Vecchie ferite, troppo dolorose, si aprirono nel suo petto. Il suo cuore riprese a sanguinare, ne ero certo. E vistosamente, si appoggiò al bancone del suo nuovo ruolo di capo degli Uomini Liberi.

    Un'idiota, con un'accetta in mano. La colpii male, anzi, malissimo. Ecco perchè prese ad urlare come se la stessimo aggredendo. Doveva fare un male incredibile.. io non smisi. Tirai quel braccio come non fosse attaccato a un essere umano e diedi gli ultimi colpi alla mia umanità, che già era appesa a un filo. Già. Tre, quattro colpi.. non so quanti. E le sue urla.. o mio Dio David.. Sono così dispiaciuto...

    David respirava a malapena. Il pugno sul pugnale si strinse di nuovo. I denti si serrarono. Se ciò voleva dire la mia morte, ok, ma avrei finito. Oh signore, avrei finito con la mia confessione.
    Quando avevo finito, mi avevi sentito tu, Dylan e tutti i vaganti nei dintorni. Il resto lo sai, ma non che avevo gettato il braccio nel buio di quel magazzino, dove non avresti mai pensato di cercarlo. Era quello lo scopo. Lei pensava che sarebbe sopravvissuta, e probabilmente lo avrebbe fatto.. non avesse incontrato un'idiota come me, che accettò di farle.. quello.

    Non lo aveva mai trovato. Lo sapevo, era ovvio. I suoi occhi mi risposero che era così. Si fece di nuovo avanti. Così continuai. Più in fretta. Avevo finito le staffilate, ma volevo che sapesse.
    Mesi dopo la fuga da voi, e poi da Benning, ho perso e infine ritrovato Isabel. Siamo scesi giù in Florida per seguire il mio malsano sogno di raggiungere Miami e mantenere la promessa fatta alla mia donna di PRIMA.. lì ho capito che non aveva senso nemmeno quello. E durante quel viaggio, anche Isabel è stata morsa a un braccio. Che le ho tagliato immediatamente.

    Dissi gelido e determinato. Cathal ricordava bene quei momenti. Anche la Puttana. E messi assieme, eravamo una macchina da guerra. Impassibili, indifferenti a ogni paura e sofferenza. Meri calcolo, capacità di colpire e malvagità assieme. David lo notò e si fermò a un passo da me. Colse il cambiamento e mi studiò. Studiò il pericolo. E se trarne una nuova motivazione per uccidermi.

    A quel tempo ero diverso. Un'altra persona. Letteralmente. Ho idealizzato i miei demoni interiori e il mio lato disumano, creando personalità alternative. Una di queste è Cathal. Deciso, esperto, freddo e letale. Fatale. Mi aiutò a reciderle il braccio con attenzione, un colpo unico e secco. Preciso. Avevo perso la mia umanità, ma avevo acquisito.. anzi.. liberato il mio lato oscuro.

    La mia confessione si stava trasformando in una sorta di seduta dallo psicanalista. Da bravo professore qual'era, David sapeva ascoltare. E lo fece. Con serietà e lucidità.
    Che prima aveva solo la forma di una troia nera. La puttana, la chiamavo. Un misto di mostruosa cattiveria, incapacità relazionale, egoismo e pochezza.. e chi più ne ha.. Lei ha colpito la tua donna. Lui Isabel. Ed è lei la mia salvezza. Ho capito che tu avevi la tua e senza di lei, vivere non ha senso. Anzi.. lei e Dylan. Ora capisco. Ora che vorrei una famiglia. Che vorrei tanto assomigliare a te, e non a Harris e al suo mondo solitario. dissi, un pò vergognandomi di quello che avevo detto.

    David capì. E finalmente mi interruppe, perchè sentivo di stare per mettermi di nuovo a piangere, dopo tanto tempo. Sarebbero state di nuovo lacrime di coccodrillo piagnone, oppure un sincero sfogo di umanità e delusione per i propri errori?

    Non dovrei crederti. Mia moglie non era quel tipo di persona. Però fu Dylan a dirmi una cosa.. Sei la prima persona a cui lo dico. E l'ultima. Nonchè. il diretto interessato. sgranai gli occhi. Non credevo a quello che sentivo e, in fondo, un moto di orgoglio fece capolino fra tutti quei sentimenti sofferti e quelle emozioni così dolorose.

    Mi disse che eri un bravo ragazzo e che eravate una coppia bellissima. Che eravate destinati a vivere una lunga vita assieme. Cazzo.. non aveva mai detto NIENTE del genere in vita sua. Era un'uscita del tutto nuova e.. pensaci.. del tutto esteporanea, viste le circostanze che viviamo. Ora che ti vedo, so che aveva ragione. Aveva.. avuto una premonizione? Io non credo a queste cose.. ma..

    Ma. Era un grosso MA per entrambi. Chinai il capo. LUNGI da me - iperrazionale - pensare che fossero possibili "cose" come le premonizioni, coincidenze, visioni, cartomanzia oppure la veggenza. Eppure, avevo vissuto mesi e anni di estasi mistiche dentro la mia testa. Abitata da tre entità diverse, per quello che ne avevo dedotto. Qualcosa doveva essere. Chi eravamo noi, per giudicare certe cose, vivendo - appunto - nel mondo dove i morti tornano in vita?

    Dylan è morto per colpa mia. Ero accecato dalla furia, dall'odio, e ho trascurato i suoi bisogni. Le sue necessità e la sua sensibilità. Un giorno è scappato da me. E' fuggito. L'ho cercato per giorni e quando l'ho trovato..

    Annuii. Non doveva continuare, ma poteva farlo, se gli serviva a sfogarsi. A superare VERAMENTE lo scoglio e il dolore. Se voleva andare avanti. Scosse la testa. Fece un passo portandosi a tiro. Lo capii. Lo intuii. Lo fece CATHAL mandandomi segnali inequivocabili.
    Lo fece la troia, ridendo e stridendo come una gallina impazzita e sgozzata.
    Lo intuì anche lui, che avevo capito, ma era più furbo. Più intelligente di me.

    Oramai ho sbagliato e tu sei l'unica cosa vivente che mi ricordi i miei errori. Voglio anche io, la mia parte di redenzione. Di sbagli e di rimedi. Tu chiudi il cerchio. Porterò via una parte di te, di Cathal e della troia con me, per sempre. Vivrete con me. Sbagli e rimedio. Cura e malattia. Luce e giorno.

    Il pugnale scattò rapidamente all'altezza della bocca dello stomaco. Inconsciamente i palmi delle mie mani erano scattati verso il basso, come una mossa Thai-chi, o qualcosa del genere. Al contempo, il mio corpo si era ritirato verso l'alto, quasi rattrappendosi, pur di offrire il meno possibile un bersaglio al nemico.

    David tirò indietro il pugnale e calò un altro colpo velocissimo, questa volta all'altezza del petto. La lama penetrò nel deltoide della spalla, mentre il resto del mio corpo continuava a ridursi di dimensione, scivolando addosso al muro. Era un combattimento silente. Un'esecuzione, avrei detto. E David non cessava di attaccare.

    Rotolai in terra per via di un ostacolo improvviso. Lo sgabello di acciaio di prima. Ciò fece perdere l'occasione del colpo fatale a David, ma solo ritardandolo per qualche secondo. Non avevo spazio di azione. Nessuna parola. Combattevo per la mia vita istintivamente, ma non potevo aggiungere qualche altra giustificazione dell'ultimo secondo. Cercai di ritardare la mia fine, ma non ero io.
    Oppure si?

    BASTA! gridai dal basso. Imperioso. Con una vocina quasi stridula e carica di emozione. La MIA VERA VOCE. Niente Cathal.
    Niente troia.
    Solo il poveretto di Ben.
    Basta... dissi abbassando la voce e rialzandomi da terra. Allungai la mano verso David e la cosa lo spiazzò.

    Basta. Sono stanco. Ho fatto tanti errori e mi merito questa fine. Non voglio lottare. Non voglio più farti penare..

    David si allontanò senza aiutarmi, fissandomi. Cercando di capire se era l'ennesimo trucco di BENJAMIN, assassino di mogli, SCHENKKAN.

    Mi chiamo Ben, Benjamin Schenkkan. Vengo dall'Illinois, Chicago, precisamente da un posto chiamato Shorewood, poco fuori città. Sono un sociologo e lavoravo per uno studio di statistica applicata in centro città, quindi ero un pendolare e mi trovavo a stare lontano da casa anche per settimane. Avevo una fidanzata. Si chiamava Stephanie ed era perfetta. Bellissima. Dolce e innamorata senza condizione di me sin dalle elementari. Una fortuna sfacciata che mi ha sempre contraddistinto.. dissi pensando subito a Stephanie, ma con la faccia di Isabel.
    Il mio egoismo l'ha trascinata con me, ma essendo incapace di difendere qualcun altro che non fossi io, fu morsa quasi immediatamente. L'ho lasciata morire da sola David. Lo l'ha lasciata sola, ingannandola per l'ultima, terrificante, volta. Se mi pianti questo pugnale nello stomaco, non credo farà più male di quello che ho provato negli ultimi anni. Mi sono logorato abbastanza, da non averne più voglia. Sono stanco morto e l'unica cosa che mi ha fatto sopravvivere, in realtà, è stata Isabel. Le devo tutte queste spiegazioni e ho appena cominciato con lei.. se mi risparmi, gliele dirò tutte, dall'inizio alla fine. Come le sto dicendo a te..
    ripresi fiato e avvicinai la mia mano alla sua. Afferrai il coltello e lentamente lo poggiai alla bocca del mio stomaco. Dove fa più male, se colpisci e affondi lì.
    Non ho provato a salvarla e me ne sono pentito fino a ora. Non puoi farmi più male di questo. E ti perdono. Ti capisco. Ti ho ammirato sin dal primo giorno. Tu, Harris, solo voi due avete rappresentato qualcosa per me. Mi rattrista pensare che tu sia diventato oscuro come me, Dylan non vorrebbe, ma so anche dove stanno i confini. Il bianco, il nero, il grigio. Ho fatto di peggio.


    Ero esausto. Quella confessione aveva drenato ogni risorsa da me. Ma era una stanchezza tremendamente dolce. Una liberazione. Una sorta di dissipamento di malvagità, pesi morali, rimorsi. La puttana era ammutolita. Cathal mi guardava fiero. E mi dava le spalle, quasi contento. Alzai gli occhi su David e strinsi il pugnale appena appena. Insieme a parte della sua mano robusta e ossuta al contempo.

    Sei un grande condottiero, tu porterai la luce in questo mondo. Affidati a Isabel, lei è speciale da quel punto di vista. E ne avrai bisogno. Ci sono degli uomini pronti a prendere tutti i sopravvissuti e tramutarli in vaganti. Li chiamiamo Beholder. Gli osservatori. Sono ovunque e sono una potenza perchè usano le mandrie di morti per i loro scopi, nascondendosi dentro come fossero anchessi dei veri vaganti senzienti. E ci sono degli inseguitori, che, ovviamente, ci siamo portati dietro. Staranno addosso a Cat oramai e non c'è più tempo. Finiamola qua e partite: Isabel ha bisogno di uomini come voi.

    Lo guardai e lasciai il coltello. Chiudendo gli occhi.
    Fallo.



    Code role © Akicch; Restyling by TheIronMaiden - Want it? Get it


    Edited by Z3R0mbie - 6/2/2023, 14:16
     
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2 replies since 3/8/2022, 10:04   45 views
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